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Da diverse settimane le regioni del nord ed ora tutta Italia stanno facendo i conti con un virus che sta modificando progressivamente la nostra quotidianità: i ragazzi rimangono a casa da scuola per un lungo periodo, gli adulti si ritrovano a far fronte a emergenze familiari e lavorative, tutti noi siamo chiamati a gestire il senso di responsabilità che oscilla tra il bene proprio e il bene comune.
Coronavirus e come informarsi
Ormai la parola “Coronavirus” è sulla bocca di tutti e tutti si sentono in dovere di esprimere un proprio parere che può variare dalla paura allo scetticismo.
Quindi tra la massiccia informazione è importante ora, più che mai, selezionare i canali di informazione e usufruire per quanto possibile di quelli ufficiali. Le vecchie generazioni sono abituate a fare affidamento sui mezzi di comunicazione, ma la connessione internet e uno smartphone ci permettono di accedere facilmente alle comunicazioni ufficiali e a venire a conoscenza dei decreti legge adottati.
Ciascuno di noi può accedere attraverso i siti o attraverso i canali social a comunicati stampa. Qualunque informazione ci arrivi è sempre bene cercarne riscontro dalle istituzioni per evitare fraintendimenti e confusione.
Il sito del Ministero della salute e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) forniscono delle sezioni apposite per chiarire a tutti i cittadini che cosa siano i Coronavirus, quali sono i loro sintomi e come comportarsi nella nostra quotidianità.
Il Dipartimento di Protezione Civile ha una pagina sul proprio sito dove è possibile seguire la diffusione del virus nel nostro territorio nazionale venendo a conoscenza dei dati in merito alle persone positive, guarite e decedute, oppure è possibile seguire le news in diretta sul profilo twitter.
I canali di informazione di Regione Lombardia sono il sito istituzionale, il profilo twitter, e il profilo facebook ufficiale e quello di “Lombardia Notizie Online”.
Cosa stiamo vivendo
Il Coronavirus COVID-19 non è solo sulla bocca di adulti ma anche di giovani e bambini, quindi ci si pone la questione di condividere ciò che si sta vivendo e di come parlarne in modo appropriato.
Una tematica importante è quelle della “Percezione del rischio” ossia di quanto ciascuno di noi si sente minacciato. Non abbiamo tutti la stessa percezione del rischio poiché ciascuno di noi si sente più o meno vulnerabile rispetto alla diffusione del COVID-19, ma ciò che conta è che tutte le persone siano informate.
Come si sente spesso in televisione “Il coronavirus non è un’influenza ma non è neanche letale al 100%” quindi è molto più semplice dire che cosa non è rispetto a che cosa è. Di conseguenza ne usciamo tutti un po’ confusi perché andare per esclusione può aiutare in un compito a scelta multipla, ma davanti ad un ventaglio di possibilità si sente la necessità di inquadrare ciò che si sta affrontando.
Il COVID-19 è un virus che i professionisti sanitari conoscono ancora poco e di conseguenza non abbiamo attualmente vaccini di prevenzione e terapie definite, quindi è importante sottolineare che al momento non avendo questi strumenti, che utilizziamo solitamente per le altre malattie virali, non ci rimane che creare le condizioni fisiche affinché il virus non si diffonda.
La poca conoscenza del virus e la sua alta contagiosità richiedono la messa in campo di misure che limitano gli scambi sociali: non è più possibile frequentare locali affollati; sono limitati gli accessi in luoghi chiusi, come i musei e bar; non si saluta più nessuno con strette di mani, abbracci o baci; si cerca di mantenere una certa distanza con gli sconosciuti e sembra quasi che anche noi italiani abbiamo compreso come si fanno le file ordinate.
D’altra parte però è importante anche controllare le proprie reazioni che possono risultare spropositate dinnanzi a persone che starnutiscono o tossiscono, infatti è opportuno mettere in campo tutte le misure indicate dalle istituzioni ma mantenere la lucidità nell’affrontare le situazioni in modo adeguato ricordando che la problematica è il virus e non le persone che possono essere più o meno positive.
“Non ti sto vicino”
Il coronavirus COVID-19 ha interrotto le nostre routine andando a minare la sfera sociale della vita di ciascuno di noi. Infatti probabilmente prima della diffusione di questo virus molti di noi non erano consapevoli del numero di scambi possibili nell’arco di una giornata, di una settimana o di un mese.
Il virus che stiamo affrontando ci sta facendo comprendere come siamo tutti molto interconnessi l’uno con l’altro in termini di relazioni tra persone, comunità, stati e continenti.
Un elemento che crea un ulteriore clima di incertezza è la possibilità che il COVID-19 rimanga asintomatico in alcune persone potendo far sorgere in molti la domanda: “Io, potrei contagiare o essere contagiato?” e di conseguenza si prosegue con la domanda: “Non ti sto vicino per difendermi o per proteggerti?”.
La cultura italiana prevede molta prossimità fisica, quindi è stato necessario un intervento e un’educazione mirati a diffondere nuovi comportamenti in questa condizione di emergenza, poiché non sono atteggiamenti propri della nostra cultura e che al contrario, in una situazione usuale, vengono interpretati come azioni che comunicano distanza e distacco emotivo.
Nelle relazioni intime è difficile definire delle distanze di sicurezza, perché altrimenti “intime” non lo sarebbero più. Immagino che un individuo in isolamento o in quarantena faccia fatica a sopportare la distanza fisica dai propri cari: dalla persona con la quale è abituato a dormire o dai figli con i quali il contatto fisico caratterizza il gioco e la cura.
Questo virus è entrato nelle nostre vite e in poco tempo, ha interrotto le routine e ci suggerisce domande alle quali difficilmente riusciamo a dare risposta. Nello scenario che stiamo vivendo i ruoli facilmente cambiano, infatti inizialmente era l’Italia che bloccava i voli diretti dalla Cina, mentre ora è la Cina che blocca i voli dall’Italia e non possiamo escludere che gli scenari cambino di nuovo.
L’invito è quello di rimanere sempre informati e di non accontentarsi di comunicazioni superficiali ma di andare in profondità perché la conoscenza porterà la cittadinanza a non cedere il passo al panico, mentre la conoscenza scientifica sul COVID-19 ci permetterà di tornare quanto prima alle nostre vite e ai nostri abbracci.
Dott.ssa Samantha