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In latino educazione (educatio) deriva da educare, cioè condurre fuori (ex ducere), questa definizione implica l’esistenza in potenza di “cose” da far emergere, trasformabili in atti per mezzo dell’azione di un soggetto educante.
Durkheim, sociologo che si è occupato dell’educazione come fenomeno sociale, con questo termine intende l’azione esercitata sui fanciulli dai genitori e dai maestri. È questa un’azione che si verifica in ogni istante, non è delimitabile e circoscrivibile, poiché non vi è tempo della vita sociale e momento della giornata nei quali le giovani generazioni non siano sottoposti a influenze educative.
L’influenza educativa esercitata dai genitori e dai maestri non avviene quindi solo quando costoro comunicano coscientemente e per le vie dell’insegnamento propriamente detto.
L’influenza educativa è attiva in ogni istante della vita familiare e sociale: vi è un incessante “educazione inconscia” che si realizza attraverso gli esempi che vengono forniti, che plasmano in maniera continua i minori, li formano a prescindere dalle intenzioni, anche quando la comunicazione che si istaura non viene percepita come intenzionalmente educativa.
Dalle parole di Durkheim si evince come si possono distinguere diversi tipi di educazione:
- l’educazione formale avviene in luoghi e in tempi che sono volutamente, esplicitamente e intenzionalmente dedicati alla costruzione del sapere, dei comportamenti, degli atteggiamenti, dei valori delle persone. Questa è la formazione istituzionale che fa capo a un sistema d’istruzione formalizzato, dalla scuola materna all’università;
- per educazione non formale si intende l’insieme delle attività che non rientrano nel sistema dell’educazione formale e per le quali vengono rilasciati degli attestati di frequenza e durante le quali si apprendono delle competenze;
- infine, l’educazione informale è quella che si apprende dall’esperienze in contesti come la famiglia, i media o i gruppi di aggregazione.
L’educazione informale si caratterizza per la sua pervasività e fluidità che la portano ad avere una rilevanza maggiore rispetto a quella formale, la quale è esplicita e per questo maggiormente controllabile dalle persone.
Un esempio può essere quello della guida di un’automobile: guidiamo come ci hanno insegnato a scuola-guida oppure il nostro modo di guidare è influenzato dal gruppo dei pari, dei mezzi di comunicazione, dalla famiglia, dalle convinzioni diffuse attorno alla guida degli autoveicoli e dalla nostra esperienza per le strade? La definizione di “Buon conducente” è: ”Colui che rispetta le norme stradali”?
Probabilmente chiamati a dare delle risposte a queste domande ci accorgeremmo di quanto la nostre esperienze ci educano più della scuola guida effettuata per il conseguimento della patente, infatti quando siamo in coda in autostrada e vediamo qualcuno superare sulla corsia di emergenza, prima ci indigniamo perché dubitiamo che tutti coloro che utilizzano quella corsia siano in emergenza, ma il fatto che l’abbiano fatto gli altri legittima anche noi a farlo e di conseguenza a volte mettiamo in atto comportamenti che trasgrediscono le regole cercando delle giustificazioni come “Arrivo in ritardo al lavoro” oppure “Tutti stanno aspettando me”.
Ciascuno di noi risulta essere educatore ed educando in qualunque attività e proprio per questo dobbiamo prestare attenzione al messaggio educativo che inviamo e riceviamo perché ci influenziamo a vicenda stabilendo le norme di comportamento nei diversi contesti; determinando il rispetto per le persone, le cose o i luoghi; definendo con ogni piccola azione chi siamo e chi desideriamo diventare.
Dott.ssa Samantha
Ciao Samantha, bello questo spazio.
Sulla genitorialità volevo dire la mia, visto che sono anche figlio di una maestra di scuola dell’infanzia, alla fine un po ho presente lo scenario attuale di genitori e figli in quell’età cosi importante. Penso che essere genitori è uno status il cui scopo e significato debba essere assolutamente rivisto nella nostra società, in quanto spesso purtroppo essere genitori è la conseguenza di un desiderio di fare/possedere la n-esima cosa.
Favorendo le incredibili proiezioni di padre e madre, che si estendono cosi sulle vite dei loro nuovi nati e finiscono per ‘voler essere’ i loro figli.
Come hai detto giustamente questo molto spesso fa parte di una intenzione non consapevole molto dannosa per questi poveri nuovi nati da cui, invece, i genitori dovrebbero solo imparare, limitandosi ad adempire a quelle ovvie necessità.
Certo, io non credo che ci si possa opporre poi tanto contro questo albero genealogico, che sta li, nel nostro inconscio. Credo fortemente che anche la psicogenealogia, abbia molto da dire qui.
Ma tornando alle cose che possiamo fare da subito, crescere dei figli è anche cercare di non influenzarli con i propri desideri, anche inconsci. Perché non c’è un corso per essere genitori? Ci vorrebbe…
Il punto di vista va invertito: in un certo senso, è mio figlio che mi educa. Non voglio promuovere una non-educazione, più sottilmente, è una forma di umiltà più profonda, cercate di capirla. E’ farsi da parte.
Capite che questo non si limita a genitori/figli ma all’educare in generale.
Genitore è chi protegge il proprio figlio da se stesso, in modo da potergli garantire il diritto di vivere la propria vita e non una copia distorta di essa.
Forse questo “essere consapevoli del proprio essere genitore/educatore” sarebbe uno dei più importanti investimenti che la società dovrebbe fare per il suo futuro. Credo che questo ‘educare’ è in fondo un processo che non avviene solo sull’individuo che deve imparare, ma invece, la maggior parte dovrebbe avvenire su chi educa.
Dato che poi, da figlio, arrivare alla consapevolezza che dentro di me ci sono ingombranti pezzi di mio padre e madre e perchè no di mio zio, che stanno li e che per anni si sono nutriti di me, non è un percorso facile ed indolore.. anzi, di solito questo processo non avverrà mai.