Funzionamento psicologico, Psicologia della vita quotidiana

Il limite: superarlo o apprezzarlo

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In un precedente articolo sulla grinta è emerso che con perseveranza e passione è possibile superare alcuni limiti. Pertanto il termine grinta e quello di limite sono stati messi in correlazione.

In questi termini il concetto di limite assume un’interpretazione per lo più negativa perché viene associato a qualcosa che si deve superare, che si deve eliminare, qualcosa che manca come nelle disabilità.

D’altra parte il termine limite ci può aiutare a capire chi siamo, perché è anche un qualcosa che ci caratterizza, una linea di confine che ci aiuta a definire la nostra identità differenziando ciò che siamo da ciò che non siamo.

Alcuni esempi di limite possono essere: “non fumo” o “fumo un pacchetto di sigarette al giorno”; “assumo alcolici con moderazione” o “ogni fine settimana mi sbronzo”. Come si può osservare il limite può essere qualcosa di positivo o di negativo, ma è sempre una caratteristica.

In altri termini, il limite può essere un contenitore che ci aiuta a definire chi siamo. A volte siamo orgogliosi dei nostri limiti, mentre altre vogliamo modificare le caratteristiche che giudichiamo negative e investiamo moltissima grinta per trasformarle.

Il superamento del limite è un concetto che caratterizza la nostra società, infatti molti atleti olimpionici non competono solo per arrivare primi ma anche per battere il record nazionale, continentale o mondiale che in quel momento definisce il limite oltre il quale nessun’altro si è spinto.

Nella cultura greca, al contrario della nostra, il limite aveva lo scopo di delineare ciò che eri o ciò che conoscevi e non doveva essere superato. Possiamo considerare uno dei massimi poemi epici, “L’odissea”, in cui Ulisse intende oltrepassare il confine del mondo conosciuto, presso lo stretto di Gibilterra, ma per questo viene punito.

Nella cultura greca il limite era un ammonimento: all’interno dei confini sapevi che cosa poteva capitarti, una volta superati c’era qualcosa che non si conosceva e pertanto non si potevano fare previsioni in merito a che cosa potesse realmente accadere.

In chiave psicologica possiamo osservare come il limite nel passato provocava paura, perché l’uomo determinava un confine che delineava lo scibile umano da ciò che gli umani ancora non conoscevano; mentre oggi il limite provoca nell’uomo rabbia perché determina una barriera alla sua conoscenza, alla sua abilità, alla sua ambizione. Di conseguenza, l’uomo oggi investe molte risorse nel superamento dei sui limiti.

Nel momento in cui si supera un limite non viene a determinarsi un altro limite?

Se il mio limite nella corsa sono 5 km e lo supero percorrendo 5,5 km ho superato il mio limite precedente, ma mi ritrovo con un nuovo limite; se in una settimana riesco a leggere un libro posso pensare di aumentare la mia capacità di lettore leggendo due libri nello stesso periodo di tempo, ma se volessi superiore ulteriormente il limite di due libri alla settimana probabilmente mi ritroverei a trascurare altri ruoli e altri compiti.

Il superamento di un limite inevitabilmente conduce alla definizione di un’altra linea di demarcazione e, come negli esempi precedenti, non sempre è possibile superare i limiti. Inoltre non sempre è bene superare i limiti, un esempio doloroso è la continua perdita di peso in persone con anoressia.

Tornando alle definizioni iniziali, i limiti ci definiscono e non solo in termini negativi, di conseguenza è bene conservare un po’ della paura greca davanti al limite ed è necessario interrogarsi davanti ai propri bisogni per non inseguire il limite all’infinito e per investire tutta la nostra grinta in limiti che una volta superati ci possono far sentire realmente bene.

Dott.ssa Samantha