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Negli ultimi anni i termini riguardo la disabilità sono stati soggetti a delle evoluzioni, così come la concezione stessa di questo termine.
Inizialmente si parlava di “Handicappati”, un termine che derivava dal linguaggio sportivo inglese. Con “Hand-in-cap” si intendeva lo svantaggio che in una gara viene attribuito al concorrente che ha maggiore possibilità di successo, per dare a tutti quelli che gareggiano la stessa possibilità di vincere, così che il risultato della gara non sia scontato.
Facciamo un esempio e chiariamo il concetto, immaginate di fare una partita a calcio balilla con vostro figlio o vostro nipote di cinque anni, per rendere più equilibrata la sfida decidete di dargli cinque punti di vantaggio. Come si può notare dall’esempio il termine “hand-in-cap” è lo svantaggio della persona che ha anche il vantaggio, mentre il termine “handicappato” ha completamente modificato il significato dell’espressione originale concentrandosi solamente sullo svantaggio.
Una volta che il termine “Handicappato” fu ritenuto offensivo dai più si passò al termine “Disabile” che in un primo momento poteva sembrare meglio del primo, ma soffermandosi a riflettere ha evidenziato come ancora una volta la persona venisse offuscata dalla condizione vissuta, in tal modo la persona era ridotta a una semplice descrizione della condizione che viveva.
Poi per correre ai ripari si è preferita l’espressione “Diversamente abile” che parafrasando significa: “La persona con disabilità in qualche modo è abile anche lei a suo modo”. Anche questo tentativo di sistemare le cose è fallito, poiché l’accento era ancora posto sulla condizione di svantaggio e per giunta l’espressione suonava e suona tutt’oggi come una presa in giro.
Oggi invece il termine definito più appropriato è “Persona con disabilità” ed è l’espressione scelta per la Convenzione delle Nazioni Unite. Come si può notare come prima parola compare “Persona” che porta con sé il significato di essere umano unico e irripetibili indipendentemente da qualunque condizione alla quale è soggetto.
L’espressione “con disabilità” sottolinea invece che quella che si sta descrivendo è una mera caratteristica, come affermare “persona con capelli marroni”, “persona con naso aquilino” oppure “persona con lentiggini”. La disabilità è una caratteristica di quella persona, che in quanto persona ha moltissime sfaccettature e la sua descrizione non si limita al carattere che in alcuni casi può sembrare il più apparente.
Il cambio di terminologia ha un impatto non indifferente sulle persone.
I termini “Handicappato”, “Disabile” o “Diversamente abile” ponevano l’accento sulla condizione e non tenevano conto della persona, quindi, di conseguenza, la persona con disabilità che riceveva queste etichette molto facilmente commetteva l’errore di identificarsi con la caratteristica stessa.
Mentre oggi, l’espressione “persona con disabilità” rende sin da subito evidente che la disabilità è una caratteristica che deve esser tenuta in considerazione per fare scelte quotidiane, ma la persona non si esaurisce lì, perché ciascuno non è solo una caratteristica o un ruolo, ma più caratteristiche e più ruoli che meritano tutti nello stesso modo di essere vissuti.
Un risultato evidente di questo cambio di concettualizzazione è la sempre maggiore diffusione dello sport paralimpico. Questa nuova pratica scardina con forza il vecchio concetto secondo cui la persona con disabilità non può praticare sport.
Le persone con disabilità oggi
Nella convenzione ONU con l’espressione “persone con disabilità” si includono
“quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di uguaglianza con gli altri”.
Ciò che sottolinea la Convenzioni è che la disabilità si manifesta in interazione con barriere che impediscono la partecipazione nella società, quindi in questi termini non si pone più l’accento sulla situazione di svantaggio e non si pone neanche più l’attenzione sulla persona con disabilità. La persona non può partecipare alla vita sociale a causa di barriere che non sono in lei ma nell’ambiente in cui vive.
In un altro articolo abbiamo parlato di come l’ambiente, come nall’approccio bio-psico-sociale promosso dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), è uno dei tre aspetti da tenere a mente nella valutazione della condizione di salute e la Convenzione delle Nazione Unite sui diritti delle persone con disabilità utilizza questo approccio.
Pertanto se una persona con disabilità riscontra delle difficoltà ad accedere in un luogo deve essere modificato l’ambiente e se l’ambiente non viene modificato il responsabile del disservizio è colui che avrebbe dovuto vigilare su questi aspetti nella progettazione e nella manutenzione di luoghi pubblici e privati.
Nella convenzione ONU si utilizzano i termini “accomodamento ragionevole” e “progettazione universale”.
Con il primo termine si
“indica le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongono un onere sproporzionato o eccessivo, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e libertà fondamentali.”
Gli esempi in merito possono essere tratti dall’organizzazione degli spazi. Nella aule scolastiche si può prevedere che l’alunno che si muove con la carrozzina faccia un percorso agevole per accedere al suo banco; oppure in un’azienda si può prevedere di riservare un posto auto vicino all’ingresso per il lavoratore con disabilità. Oltre a questi accomodamenti è utile che anche tutte le altre persone rispettino la gestione degli spazi e in tal senso i compagni di classe non dovranno lasciare zaini o altri materiali abbandonati lungo il percorso del compagno, mentre i colleghi di lavoro non dovranno parcheggiare biciclette o motorini sulle strisce gialle necessarie per spostare la carrozzina fuori dalla macchina e ricomporla.
Il secondo termine indicato dalla Convenzioni ONU è “progettazione universale”, il quale
“indica la progettazione e realizzazione di prodotti, ambienti, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone nella misura più estesa possibile senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate. La progettazione universale non esclude dispositivi di ausilio per particolati gruppi di persone con disabilità ove sia necessario.”
Con tale indicazione le Nazioni Unite hanno voluto sollecitare le persone che progettano le attività a pensare in modo inclusivo, ruolo che nell’ambito scolastico è svolto dagli insegnanti mentre in ambito lavorativo dai responsabili a vari livelli. L’invito è quello di definire le attività affinché siano accessibili a tutti con l’idea che
rendere accessibile a tutti non vuol dire necessariamente semplificare ma includere.
La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ha indicato come un faro quale direzione dobbiamo seguire per poter far diventare la nostra società sempre più civile; ci ha messo a disposizione dei termine adeguati; ci invita a riconoscere le diversità che porta con sé ciascuno, senza nasconderle o appiattirle, ma con l’obiettivo di valorizzarle.
Dott.ssa Samantha